Ricordo bene quelle vacanze, mi sa che era la prima volta che in famiglia si andava in vacanza, eravamo poveri, le vacanze erano per i ricchi.
Quando mio zio ci prospettò la possibilità di questa vacanza non ci pensammo su un'attimo.
Poi non eravamo così lontani da casa, al massimo una ventina di chilometri, ma non eravamo a casa, almeno per quella estate.
La casa era la classica casa di campagna, una parte abitabile, e un portico che nel sottotetto celava il fienile.
Non mi ricordo molto di dove e come abbiamo dormito, mi ricordo del lavello in pietra, del bagno fuori della casa, del secchio per i bisogni notturni.
E poi verso sera l'invasione di lumache; talmente tante che se si arrivava in macchina ne facevi una strage.
E le donne in guerra per non farle entrare in casa dallo scarico del lavello.
Ma questi erano i problemi dei grandi.
Per noi c'erano le corse attraverso il grano, col rischio di tagliarci con le foglie, le avventure nei dintorni a cercare posti per pescare, o per disturbare le rane.
Le bacche usate come esca appese all'amo, i tuffi nel ruscello, con la paura di prendersi la malattia dei topi.
E poi, ora che ricordo, visto che i papà stavano ancora lavorando, al loro arrivo ci si trasferiva tutti al fiume, e li via di frittura di pesce e bagni, e corse e partite di pallone.
Riuscirà il nostro eroe a scrivere quel libro, in cantiere da tanti anni? Parole, opere ed ammissioni, pensierini e curiosi aneddoti, in poche parole: stupidaggini.
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